Incidenti sul lavoro: mai fatalità

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lapidecadutilavoro 350 260di Ivano Alteri – Il lavoro è morto. È morta l’epopea del lavoro. Continuano a morire, senza alcun eroismo, i forzati del lavoro. La guerra dichiarata al lavoro, da chi semplicemente lucra sul lavoro e non ne conosce l’onore e il valore, continua a mietere vittime senza nome, indegne anche di essere scolpite su una stele alla memoria. No non si tratta degli “altri”, quelli mandati a morire ammazzati nel deserto, a casa loro, ma dei “nostri”, a casa nostra; di quelli che, secondo una vulgata un tantino credulona, dovrebbero venire “prima”: gli italiani. Dalla trincea del lavoro, i dispacci quotidiani riportano le raggelanti cifre dei caduti: precipitati, schiacciati, fulminati, intossicati, esplosi. Uccisi, insomma.

“Incidenti sul lavoro, sale il numero degli infortuni e dei morti: quasi tre al giorno”, titola repubblica.it del 29 agosto. “Nei primi sette mesi di quest’anno – continua il giornale – sono aumentati gli incidenti e i morti sul lavoro, il cui numero ha raggiunto quota 591, 29 in più rispetto ai 562 decessi dell’analogo periodo del 2016 (+5,2%). E’ quanto afferma l’Inail pubblicando i dati provvisori sul 2017”. Già, provvisori; non solo perché l’anno deve ancora concludersi, ma soprattutto perché l’Inail non considera gli infortuni “in itinere” (quelli avvenuti sul tragitto casa-lavoro), per i quali si riserva quasi sempre di verificare la fondatezza della denuncia, ma poi quasi sempre condannati all’oblio ed esclusi dalle statistiche (fonte: Osservatorio Indipendente di Bologna).

É la “spoon river” del lavoro. “Due lavoratori, di 54 e 61 anni, stavano allestendo le luminarie nel centro storico della città toscana [Lucca]. Sono caduti da un’altezza di oltre 10 metri. A Mornico al Serio l’uomo, alla guida di un muletto, è stato travolto dai sacchi urtati accidentalmente”; “Incidenti sul lavoro, Messina: 5 operai cadono in una cisterna. Tre morti”; “Incidenti sul lavoro, 4 morti in un giorno da Nord a Sud: Trento, Cremona, Elba e Napoli”; “Roma, operaio Atac di 53 anni muore folgorato”; “Incidente cave Carrara, 6 morti in 2 anni”; “Rovigo, 4 operai morti per intossicazione” (il Fatto Quotidiano). “Colli Aniene: si ribalta una gru, operaio 57enne muore schiacciato” (RomaToday). E ancora: “Operaio di Crotone cade da un ponteggio a Bolzano e muore”; “Cade da tetto, muore operaio nel Cosentino”; “Elettricista morto a Savelli” (CN24). “Puglia, bracciante muore nei campi a 39 anni”; “Incidenti lavoro: cade da 5 metri, muore artigiano ad Avezzano”; “Isola delle Femmine, idraulico cade nel fondo di un pozzo e muore”; “Trapani, colpito in pieno viso da una molla in ferro: muore fabbro quarantenne”; “Saluzzo, operaio di 19 anni muore schiacciato da muletto: terza vittima sul lavoro nel Cuneese in 24 ore”; “Trieste, precipitano lamiere in fabbrica: operaio muore schiacciato” (la Repubblica)…

È una spoon river, ma senza nomi, senza storia, senza vita; che narra di un lavoro che uccide non soltanto la carne, e non mortifica solo questa; ma molto più spesso, molto prima e molto più dolorosamente, uccide e mortifica lo spirito, quell’unica entità capace di dar vita alla coscienza e far dire “io sono”. Quando tra gli stenti di un lavoro che non da più da vivere ci si vergogna e si evita lo sguardo dei figli, lo spirito muore. Quando i figli cercano di non pensare del papà o della mamma quel che papà e mamma, tragicamente, già pensano di se stessi, lo spirito muore. Quando si resta in silenzio impauriti nel vedere qualcun altro umiliato, lo spirito muore. Quando qualcuno dice che se i figli non studiano è colpa dei genitori e della loro povertà, lo spirito muore. Quando si perde il lavoro, lo spirito muore. Quando non se ne trova un altro e qualcuno dice che solo i fannulloni non lo trovano, lo spirito muore. Con questo lavoro, lo spirito muore quando il lavoro c’è e quando non c’è.

Ma se le migliaia di caduti della carne riescono almeno a rientrare nelle statistiche, i miliardi di caduti dello spirito non potranno rientrarvi mai, e neanche l’osservatorio più accorto potrà mai conoscerne il numero; tanto meno il nome. Così come nessun cippo potrà mai perpetuarne la memoria, poiché non basterebbe la pietra di tutte le montagne del mondo.

Frosinone 5 settembre 2017

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Ivano Alteri

ByIvano Alteri

Ivano Alteri: Libero professionista di Frosinone, esperto in problemi del lavoro, ha collaborato prima con edicolaciociara.it sul cui sito ha pubblicato interventi relativi al mondo del lavoro e alla politica più in generale. Ha collaborato alla ricerca sugli infortuni sul lavoro svolta dall'associazione Argo per conto della Provincia di Roma, poi pubblicata dalla stessa. Dalla nascita di unoetre.it è membro della sua Redazione

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