“Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie…”

incidenti lavoro

incidenti lavorodi Ivano Alteri – È una strage, uno stillicidio. I dispacci quotidiani dal fronte del lavoro continuano a registrare vittime innocenti. Nel 2017, racconta Repubblica.it, vi è stato un aumento del 5,2% di morti sul lavoro rispetto all’analogo periodo dell’anno scorso, e dell’1,3 degli infortuni in generale. Tre morti al giorno. Ma poi, per indorare una pillola che resta testardamente amarissima, si affretta ad aggiungere nell’occhiello: “Un effetto dell’economia che riparte”.

La notizia, pubblicata sul sito a mezzogiorno del 17 u.s., alle 18,00 dello stesso giorno era già in fondo alla pagina. Ma proprio in fondo-in fondo, dopo quella della Lega a Pontida, della formula uno, della serie A, di Berlusconi a Fiuggi, l’alzheimer, il figlio che uccide il padre per salvare la madre, il lago di Bracciano, Hamas… e decine di altre, restando rintracciabile solo da esperti escursionisti della notizia. Evidentemente, neanche la particolare cura servile del titolista, e dell’articolista, era stata sufficientemente mistificatoria; per lo meno, non quanto desiderato dai padroni del vapore.

Riparte l’economia? Quale economia? L’economia di chi? Come si misura l’andamento economico? E, tale misura, è la misura dell’esistenza dei cittadini? Quando abbiamo letto quel titolo, e l’articolo che lo segue, queste domande si sono affollate nella nostra testa, in risposta a quei tentativi indisponenti di edulcorare la realtà. Forse (forse!) è ripartita l’economia del Pil, che comprende tutto, tranne ciò che riguarda la qualità della nostra vita (e della nostra morte!, bisognerebbe aggiungere).

Ce lo ricordava già Robert Kennedy, in un discorso che tenne all’Università del Kansas il 18 marzo 1968. “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari”.

E, aggiungiamo noi, aumenta anche con le ambulanze che raccolgono le ossa frantumate di chi si schianta su un cantiere o viene maciullato da una macchina in una fabbrica; e anche con le bare che conterranno il suo corpo deforme e la stessa ricomposizione che ne farà il becchino, così anche il loculo che l’ospiterà in eterno. Ma non le lacrime di sua moglie e dei suoi figli, non l’esistenza miserabile in cui saranno lasciati dopo la scomparsa di colui che produceva reddito per la famiglia e Pil da vivo e continua a farlo, per altri, anche da morto.

Ma il discorso di Kennedy continua. “Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Cari vassalli di repubblica: il Pil può dirci tutto sull’Italia, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere italiani.

Frosinone 17 settembre 2017

 
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Ivano Alteri

ByIvano Alteri

Ivano Alteri: Libero professionista di Frosinone, esperto in problemi del lavoro, ha collaborato prima con edicolaciociara.it sul cui sito ha pubblicato interventi relativi al mondo del lavoro e alla politica più in generale. Ha collaborato alla ricerca sugli infortuni sul lavoro svolta dall'associazione Argo per conto della Provincia di Roma, poi pubblicata dalla stessa. Dalla nascita di unoetre.it è membro della sua Redazione

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