Perle d’arte di S. Cecilia in Trastevere

Franco Di Pofi

ByFranco Di Pofi

14 Gennaio 2023
SantaCeciliaSanta Cecilia di Stefano Maderno

 BELLE ARTI

Perle d’arte nascoste nelle chiese di Roma. Santa Cecilia

di Franco Di Pofi
SantaCeciliaNel cuore di Trastevere, in una caratteristica piazzetta, dove si possono osservare rari angoli medievali e sentire gli effluvi della cucina romanesca, si viene colpiti dall’ingresso monumentale della chiesa in oggetto; una delle più belle e più antiche di Roma.

La mia innata curiosità, prima di gustare la mitica “carbonara”, mi spinse ad entrare. Come tutti gli analfabeti di storia dell’arte, mi smarrii difronte a tanta bellezza e un’ora dopo avrei dimenticato tutto. Fu così, ma una cosa mi rimase impressa: la statua che è posta ai piedi dell’altare. Non avevo mai visto, un’opera che fosse scolpita nella posa che spiegherò in seguito. Debbo confessare che non mi parve una grande opera. Parecchi anni dopo capii che “somarello” fossi. Capii altre cose! Per es. che se si vuole, minimamente, intendere un’opera d’arte che rappresenti santi, bisogna conoscere la loro storia.

Jacopo da Varagine, frate domenicano e vescovo di Genova, ha scritto un libro “la leggenda aurea” sulla vita dei santi; gli artisti dalla fine del 1400 hanno attinto, a piene mani, da detto libro. E di Cecilia narra: nata da nobile famiglia, sposò il giovane Valeriano. Il giorno delle nozze, la giovane vergine, confessò all’amato di essere cristiana ed aver fatto il voto di castità. Immaginatevi Valeriano! Fu calmato dall’apparizione di un Angelo e convinto ad aderire alla religione dell’amata sposa. In seguito, dopo essersi battezzato, iniziò il suo apostolato. Nel dare sepoltura a dei cristiani giustiziati, Cecilia, con suo marito ed il fratello di costui, furono sorpresi dai soldati romani e imprigionati. Dare sepoltura ai cristiani era un reato pagabile con la pena di morte. Valeriano ed il fratello furono decapitati.

A Cecilia fu riservata una sorte raccapricciante! Fu lasciata per due giorni nel “calidarium” (un locale della sua casa) che emanava vapori bollenti (si può vedere in una cappella della chiesa). Quando aprirono era, ancora, viva. Fu, allora, la volta del boia che assestò tre colpi di scure, ma la testa non si staccò. Questi, preso da paura, fuggì a gambe levate, lasciando Cecilia agonizzante. Prima di morire, dopo tre giorni di straziante agonia, chiese a papa Urbano l di costruire una chiesa sulla sua casa.

Fu costruita! Tempo dopo, il corpo della santa fu rinvenuto nelle catacombe di s. Callisto, avvolto in una candida veste. Papa Pasquale l la fece trasportare nella chiesa a lei intitolata. Nel 1599,il cardinale Sfrondati riesumò il corpo: fu ritrovato intatto! Il cardinale volle che si facesse una statua.

Fu incaricato Stefano Maderno. Questi aveva 23 anni. Rimane la più famosa delle sue non molte opere. Nato a Roma o Palestrina, intorno al 1570, abitava, comunque, a Roma, nella conosciutissima, via Capo le case. A bottega da un fiammingo, dopo aver avuto numerose commissioni, fu convinto ad impiegarsi come gabelliere. Preferì l’impiego statale, ma nel contempo faceva qualche opera.

Torniamo al suo capolavoro. Il critico d’arte Claudio Strinati, commentando la statuSanta Cecilia il taglio del collo e la goccia di sanguea, ci dice che Cecilia “è rappresentata come un calco”. È qui il colpo di genio del Maderno: scolpire la statua nella posizione in cui ers stata trovata la vergine. È un’opera che anticipa il “fine” dell’arte barocca: emozionare, colpire fortemente l’osservatore. E Stefano pigia su tutti i tasti dei sentimenti: meraviglia, orrore, dolore, emozione, commozione ed infine pace… con una mirabile esecuzione. Un’esile fanciulla ha subito un orrendo martirio; giace su di un fianco, la testa reclinata coperta da un velo bianco, le pieghe della sua candida veste sono appena accennate, a significare che il suo corpo minuto riposa nel sonno tranquillo dei giusti. Le dita! Le dita ad indicare la trinità: l’ultima sua espressione di fede.

Ma è quando notiamo il taglio sul collo che Maderno ci colpisce come se prendessimo un schiaffo in pieno volto. Un taglio, un semplice taglio e solo una goccia di sangue. È il ricordo della morte straziante di una giovane vergine. Un’opera siffatta, senza poter vedere il volto (prima sede di ogni sentimento) e colpirci così fortemente, rappresenta una unicità.

Dissi, suppergiu’, queste cose ad una signora davanti la statua ; rimase ammutolita. Solo una lacrima le scendeva dalle gote.

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Franco Di Pofi

ByFranco Di Pofi

Nato a Ceccano il 16 maggio 1943, residente a Roma dal 1968. Sposato, due figli e cinque nipoti. Diploma di geometra conseguito presso l'istituto tecnico "Leonardo da Vinci" di Frosinone. Frequenta la facoltà di sociologia negli anni '70 e facoltà di lettere ad indirizzo storico artistico negli anni '90. Conosce francese e inglese, cominciato a studiare quando avevo già 50 anni. Funzionario Regione Lazio in pensione. Attivista politico nel P.S.D.I. dal 1963. Membro esecutivo provinciale giovanile (Frosinone). A Roma nel dicembre 1968 continua l'attività politica. Membro esecutivo provinciale, membro comitato centrale. Incarichi di governo: consigliere VIII circoscrizione, vicepresidente ospedale S.Eugenio, consigliere casa di riposo s. Francesca Romana. Interessi: storia dell'arte, letteratura, musica classica e operistica, teatro, cinema. Sport praticati: calcio, karate, sci. Ancora attivo nel tennis.

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