Elezioni europee. Pd, Avs, M5s

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Valutare con attenzione il voto di questi 3 partiti


di Aldo Pirone

Elezioni europee. Pd, Avs, M5s Votareepartecipare 380 min
Elezioni europee. Pd, Avs, M5s – Votare e Partecipare

ELEZIONI Vi sono tre risultati elettorali interni al campo progressista e della sinistra che vanno attentamente valutati: PD, M5S e AVS. Se a questa area si aggiunge anche la lista di Santoro siamo al 43%.

È indubbio, però, che il Pd abbia ottenuto un ottimo risultato, eccellente quello di Avs che guadagna in voti assoluti il doppio dei dem, negativo quello del M5S di Conte.

Ruolo della candidature e delle preferenze

Nel risultato molto positivo di Avs hanno contato certamente le candidature azzeccate come la Salis e Marino ma anche per così dire l’afflato unitario che ha continuato a contraddistinguere la lista verde e di sinistra.

Anche nel Pd molto hanno contribuito le candidature nuove di Cecilia Strada e Marco Tarquinio ma soprattutto la campagna sui temi sociali della Schlein e anche il suo afflato unitario perfino francescano nel non rispondere agli attacchi di Conte e mal sopportato dalla parte moderata ex renziana del partito.

Secondo la mia opinione anche il meccanismo elettorale basato sulle preferenze ha contribuito alla fine al risultato della Schlein. Nel senso che tutti sono stati quasi obbligati a tirare in una direzione per essere eletti: sia gli scheleinisti, sia i contrari alla Schlein, sia il voto semi clientelare che quello del tutto clientelare e poco raccomandabile dei cosiddetti “cacicchi” locali.

Le liste elettorali presentavano bene questo volto double face del Pd.

Il vasto mondo moderato di ogni sfumatura esterno o interno al Pd che speravano in un flop della segretaria dem per incominciare a chiudere la finestra da lei aperta con la sua elezione a sorpresa e da esterna al Pd, è rimasto deluso.

Gentiloni dovrà aspettare. La finestra si è allargata e la Schlein ha ora il compito di sfruttare ulteriormente questo suo consolidamento elettorale per farlo diventare compiutamente il nuovo volto del Pd di sinistra disancorandolo completamente dal suo dna e dai suoi fondamenti neoliberali e lingottisti della nascita; una Conferenza programmatica volta a questo scopo appare sempre più urgente e indifferibile.

Messa da parte l’autosufficienza e la vocazione maggioritaria bisogna rifuggire dal leaderismo, dal suggerimento malsano dei soliti noti del bipolarismo inteso come duello a due Schlein-Meloni, dai “perni”.

Il Pd non è “il perno” dell’alternativa è l’unità invocata dalla piazza di SS. Apostoli l’altro giorno a Roma fra sinistra e progressisti in sé ad essere “il perno” per una più larga convergenza antifascista.

Insistere su questione sociale e unità

In generale, come ha detto la stessa Schlein, deve continuare a “martellare” sulla questione sociale affinando le sue proposte sia in senso radicale – contemplando il “contributo di solidarietà” reclamato da Landini attraverso la tassazione delle grandi ricchezze, degli extra profitti equiparando la rendita al lavoro ecc., evitando di parlare di “patrimoniale” perché questo offre armi di confusione e paura alla destra – sia in senso realistico o se si vuole “moderato” badando con proposte appropriate, soprattutto nel vasto campo sociale, a dividere sempre i grandi ricchi dai piccoli.

Unirli per beneficiare essenzialmente lorsignori è sempre stata una tecnica conservatrice che ogni volta deve essere smontata con pazienza e realismo. Sia quando riguarda la vasta tematica dell’ambiente o altre tematiche sociali come la casa, l’evasione fiscale, la tassazione della rendita ecc.. Anche sui diritti civili occorre affinare ma su questo mi fermo per non allargare troppo il discorso.

Sta di fatto che il risultato del voto ha rafforzato la Schlein anche se l’erta da scalare dentro il Pd rimane, se non proprio una montagna, una collina bella alta al limite della montagna.

Soprattutto deve guardarsi dal trasformismo interno connaturato al correntismo di correnti, cordate e lobby localistiche che costituiscono la constituency materiale del Pd soprattutto nei Comuni e nelle Regioni.

Preoccupante il calo quasi tracollo del M5S di Conte.

Non tanto per gli effetti complessivi sull’area progressista che come abbiamo visto aumenta complessivamente al 43%, quanto per le conseguenze che potrà avere sugli orientamenti politici del Movimento.

Identità nell’area progressista

La constatazione consolatoria che il M5S vada più bene nel voto politico che non nelle elezioni amministrative o europee, forse non funziona più.

Il richiamo della foresta a tornare ad essere né di destra né di sinistra, ossia trasversali, è datato. Comprensibile per chi vagheggia i bei tempi passati, come l’impolitica Virginia Raggi o il più sfumato Grillo, ma del tutto inattuali e inattuabili.

Ormai quel fronte popolare populista e trasversalista non esiste più, si è esaurito rapidamente nel termine di un anno e già nei risultati elettorali delle europee del 2019 era più che evidente. Continuare a dirsi né di destra né di sinistra o, come disse Di Battista, che l’antifascismo non era attuale ma roba da Guelfi e Ghibellini è una sciocchezza che fa a pugni con la realtà.

Travaglio e Conte sono più realisti, aborrono la parola “di sinistra” preferendo quella “progressista”, puntano più a disvelare il “berlusconismo” della Meloni che le sue pulsioni post fasciste, ma devono riconoscere, cosa che ancora non fanno, che la battaglia senza, per così dire, l’afflato unitario è perdente.

A volere l’unità al di là di ogni legittima diversità, anche di non poco conto come sulla pace, è il popolo di sinistra e progressista. Travaglio suggerisce a Conte di continuare a dirsi alternativo alle vergogne clientelari e trasformiste del Pd.

Non ha torto.

Il problema è come lo si fa, est modus in rebus (v’è una misura nelle cose) altrimenti si incorre nei boomerang come quello delle elezioni europee o in Puglia.

Soprattutto il M5S di Conte e del suggeritore Travaglio devono scegliere se incalzare il Pd e la Schlein stessa per aiutarla nella sua battaglia oppure preferire, per malintesi interessi di bottega che non pagano elettoralmente, il Pd old style degli ex renziani, dei Letta, del Lingotto e dei cacicchi.

Per loro non è facile ma hic Rhodus hic salta. Per il bene del M5S e dei progressisti e degli antifascisti.


Flussi elettorali

Aldo Pirone

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Aldo Pirone. Giornalista. Vive a Roma. Redattore di Malacoda


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