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Bologna. Una scemenza sesquipedale

 CRONACHE&COMMENTI

Non bisogna assolutamente lasciare ai post fascisti il termine "patriota"

di Aldo Pirone
Bologna Pietre della memoria 390 minArriva la notizia che il sindaco di Bologna Lepore e chi per lui intende cambiare le targhe della città intitolate alla memoria dei combattenti della Resistenza con la dicitura partigiane e partigiani al posto di patrioti.

Mi domando se il sindaco della "città più progressista" d'Italia, tra l'altro teatro di azioni partigiane memorabili condotte proprio dai Gruppi di azione patriottica (Gap) inventati dai comunisti, non abbia di meglio da fare. Quelle targhe furono affisse per gran parte negli anni post Liberazione, ancora viventi i partigiani bolognesi e non che fecero la Resistenza in città e nel contado. Ciò dovrebbe consigliare un minimo di rispettosa riflessione sul perché di quella dicitura "patrioti".

Qualcuno adombra il nobile intento da parte di Lepore di una certa lotta alla destra post fascista di oggi che, come quella di ieri, ha sempre tentato di usurpare il termine di "patriota". Se lo scopo è questo è proprio sbagliato accettarne il terreno del contendere. I partigiani furono patrioti, eccome. "l'Unità" clandestina del 29 settembre 1943, per esempio, titolava: "I patrioti iniziano la lotta partigiana". In una recente presentazione del mio libro sulla Resistenza italiana ("I cinque anni che scolvolsero l'Italia 1943-1948. La Rivoluzione democratica") un giovane compagno, trattandosi della questione "guerra civile", raccontò che il gappista romano Rosario Bentivegna rifiutava questo termine perché lui, diceva, aveva combattuto una "guerra patriottica" non una guerra civile.

Negli elenchi post Liberazione secondo le commissioni apposite istituite dal governo Parri con regio decreto legislativo luogotenenziale del 21 agosto 1945, n. 518 si fa una qualche distinzione fra "patrioti" e "partigiani" solo a fini pratici per distinguere chi imbracciò le armi e chi no ma li sostenne attivamente nella vasta rete di solidarietà rischiando comunque la vita.

Ma al di là di questo è mia opinione che non bisogna assolutamente lasciare ai post fascisti il termine "patriota". Sarebbe un cedimento storico, politico e culturale. Negli anni post Liberazione la cosa era scontata se non altro perché era ancora vivo e vegeto chi la Resistenza l'aveva fatta non solo in montagna, ed erano i reduci di Salò a cercare di intorbidare le acque. La rivista dell'Anpi non a caso si intitola "Patria Indipendente".

Se proprio il sindaco Lepore vuole precisare, aggiunga nelle targhe al termine "patriota" la qualifica di partigiana o partigiano. Renderà un servizio alla storia, altrimenti farà solo confusione a beneficio dei post fascisti.

 

 

 

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