Destra vs Sinistra nel Sec. XXI
- Scritto da Fausto Pellecchia
- Pubblicato in Analisi, Opinioni, Dibattiti
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OPINIONI
Abbandonare definitivamente i tempi e le forme tramandate dalla liturgia vetero-leninista e socialdemocratica
1. Politiche della nostalgiaNonostante le abiure e le pubbliche prese di distanza dal fascismo che, dai tempi di Gianfranco Fini alla leadership di Giorgia Meloni, hanno costellato la destra radicale italiana, il culto nostalgico-sentimentale del duce abita ancora nel cuore di molti “fratelli d’Italia”. La consapevolezza razionale dei fallimenti e degli orrori dell’epoca fascista si rivela inefficace a controbilanciare la fascinazione degli amori giovanili che ha ispirato il loro ingresso sul palcoscenico della politica italiana. Certamente, suscita scandalo l’idea che nell’attuale governo e tra le più alte cariche della Repubblica ci siano persone che esibiscono il busto di Mussolini sulle loro scrivanie o sui loro comodini da letto. Tuttavia, un fenomeno analogo pervade le nostalgie di ampie zone della sinistra italiana.
Se la “sinistra di governo” ha da tempo rinnegato, e non per opportunismo, il comunismo nato dalla Rivoluzione d’Ottobre, il bolscevismo e poi il maoismo che ancora infiammava gli animi dei giovani militanti sessantottini, perdura una “sinistra devota” che, nella galassia delle microformazioni della sinistra radicale, celebra i rituali sentimentali dell’internazionalismo comunista e custodisce nei cassetti della memoria le foto ingiallite di Lenin, di Fidel Castro, di Che Guevara o di Mao. Molti militanti sopravvissuti alla caduta dell’URSS e del muro di Berlino non riescono a controllare le vibrazioni sentimentali suscitate dai ritratti dei leader storici del comunismo: anche chi oggi si riconosce con la ragione nel riformismo moderato del PD, e ha elaborato il lutto per la rivoluzione fallita o tradita, coltiva tuttavia, più o meno segretamente, il feticismo sentimentale per le immagini e i simboli dell’epopea bolscevica. In questo senso c’è un privatissimo quoziente sentimentale di “sinistra devota” anche in molti di coloro che razionalmente e pubblicamente aderiscono alla “sinistra di governo”.
Per effetto di un irriducibile resto di schizofrenia identitaria, riemerge sotto la superficie ideologica della Realpolitik, la passione incandescente impressa nelle antiche parole d’ordine del Verbo comunista che enunciano una sommersa “verità del cuore”. Da questa vivida fenomenologia sentimentale discende, per esempio, la persistente, profonda antipatia per gli Stati Uniti come superpotenza imperialistica, nonché l’interpretazione del conflitto israelo-palestinese come campione rappresentativo della lotta mondiale tra Paesi ricchi e Paesi poveri, la simpatia di fondo per la Cuba castrista o per il Venezuela di Maduro, la tacita trasvalutazione assolutoria del terrorismo islamico in lotta contro lo sfruttamento del capitalismo occidentale, ecc.
2. Realpolitik d’abord
Eppure, una volta al governo, i partiti, anche di estrema sinistra o di estrema destra, devono entrare nella logica ferrea della Realpolitik, nella quale le opzioni politiche sono imbrigliate dalla dinamica dei mercati e delle leggi finanziarie. Le scelte di un paese, per quanto potente, dipendono dalla rete mondiale degli scambi e dalla bilancia dei pagamenti. Ciò è tanto più vero per l’Italia che, legata mani e piedi alla situazione strategica europea, può deviare ben poco dal solco tracciato dalle direttive dell’Ue. Lo si è ben visto con la fugace meteora della premier Liz Truss, punita subito dai mercati mondiali per aver prospettato una forte riduzione delle tasse in Gran Bretagna senza aver chiesto prima il permesso ai mercati. Ancora si stenta a riconoscere che attualmente le vere superpotenze non sono né gli Stati Uniti né la Cina né altri, ma è l’economia degli scambi, la rete finanziaria delle borse e dei mercati dei titoli di stato, che dettano le filosofie dominanti nel mondo.
Per questo, chi va al governo raramente può realizzare il programma con cui si era fatto votare e deve limitarsi a quella vacua dialettica che nel gioco del poker si chiama “bluff di parola”. Giacché se qualcuno volesse davvero applicare il proprio programma una volta al governo, tirando dritto secondo i propri principi ideologici senza tener conto della complessità del reale, è destinato a creare immani disastri, alla stregua di Hitler o di Pol-Pot in Cambogia.
3. Delimitazioni del contesto geopolitico
Per esempio, è evidente che l’opinione di destra oggi in Italia – come del resto quella di estrema sinistra – “comprende” Putin e di fatto simpatizza con lui, come Berlusconi e Salvini hanno sempre dichiarato. Si tratta di una simpatia viscerale, dato che Putin di fatto incarna la figura del despota post-fascista da loro vagheggiata: sostenitore dei vecchi valori conservatori, plebiscitato dal suo popolo, fomentatore del revanchismo nazionalista. Ma Giorgia Meloni, una volta diventata premier, non può portare sulla scena internazionale questa simpatia della propria parte politica: la rete delle alleanze politiche, militari, economiche, storiche dell’Italia la costringe a fare l’atlantista leale, a benedire Zelenskj e a denunciare Putin come nemico, anche se un leader del PD avrebbe svolto questo stesso ruolo con una sincerità molto maggiore.
Questo non vuol dire che le differenze tra destra e sinistra si siano definitivamente eclissate. Chi si sente di sinistra è convinto che il vero grande problema del giorno d’oggi sia l’aumento della disuguaglianza soprattutto economica. Chi si identifica nella destra liberista, pensa che il vero grande problema sia l’invadenza dello Stato con tasse troppo alte e con una burocrazia che lega le mani all’iniziativa privata. Chi propende per la destra radicale pensa che il vero grande problema sia il declino dei valori della religione, della patria über alles, e della famiglia tradizionale; e sogna un uomo o una donna forte che imponga questi valori.
4. Considerazioni a margine dell’elezione di Elly Schlein
Di fatto, tuttavia, la sinistra quando va al potere non è capace di diminuire le diseguaglianze, che dipendono da fattori troppo complessi perché basti un pacchetto di leggi. D’altra parte, quando i liberisti vanno al potere non riescono a minimizzare lo Stato, perché questo è sempre più indispensabile per far funzionare il sistema di un paese. E la destra radicale quando va al potere non riesce a ripristinare la triade Dio-patria-famiglia perché la fede religiosa è in declino, le patrie non contano quasi nulla nel sistema geopolitico mondiale e la libertà del costume ha disgregato la famiglia tradizionale. Chiunque va al potere, insomma, prima o poi, è frustrato. Ed è frustrato chi lo ha votato, sicché alle successive elezioni voterà i suoi avversari, e così il ciclo ricomincia.
Ma allora, che cosa distingue veramente, nei fatti, la destra dalla sinistra, i “conservatori” dai “progressisti”? L’alternativa è decisa dalla risposta che viene data alle questioni etiche ed esistenziali che Foucault ha raccolto sotto il titolo di “biopolitica”, e che permettono, tra l’altro, di capire le profonde ragioni che hanno favorito la vittoria di Elly Schlein nelle recenti primarie del PD.
La questione politicamente determinante è infatti rappresentata dalle regole che riguardano i nostri corpi, il loro destino e l’autonomia della loro sfera d’azione. Si tratta di decidere se permettere a una donna di abortire o meno, se renderle più o meno accessibili tutti i mezzi anticoncezionali, se riconoscere le coppie omosessuali, se dare la cittadinanza o meno a chi viene da altri paesi, se permettere la fecondazione eterologa, se legittimare l’eutanasia ecc.. E’ la regolazione dei corpi fisici quel che separa oggi sinistra e destra: non la loro regolazione reale, ma la loro inscrizione giuridica e simbolica.
Su questi punti, la destra si trova in sintonia con la linea biopolitica della maggior parte delle chiese cristiane, mentre la sinistra – anche se comprende una folta componente cristiana e cattolica – è in rotta di collisione con la bioetica di queste chiese. E’ il corpo sessuato, il corpo vivo/morto, il corpo situato in un determinato contesto piuttosto che in un altro, ciò su cui la politica sembra avere un impatto concreto.
Ma per tutto quel che riguarda la politica nei suoi nodi strutturali – economia, polizia, forze armate e politica estera, amministrazione della giustizia – è per lo più la collocazione geopolitica il discrimine che indirizza le scelte dei governi. Di qui la prevalenza espansiva della forma “movimentista” sulla forma-partito novecentesca nelle formazioni politiche del sec.XXI.
Al PD di Elly Schlein, ultimo partito novecentesco del panorama italiano, spetta il compito di adeguarsi il più rapidamente possibile, abbandonando definitivamente i tempi e le forme tramandate dalla liturgia vetero-leninista e socialdemocratica che ha scandito la storia politica del maggiore partito della sinistra italiana.
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