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La Cina e l’arte della guerra

 

La diplomazia (UE?) dovrebbe costringere i cinesi a precisare natura e concreti modi di attuazione delle loro proposte

di Fausto Pellecchia
SunTzu e larte della guerra Viaggiatori ignoranti 390 minCom’è noto, Pechino ha pubblicato venerdì 24 febbraio, esattamente ad un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, un testo in 12 punti che dovrebbe fungere da road map per la cessazione della guerra. Le reazioni dell’Occidente sono state contrastanti: risolutamente negative quelle del presidente USA, Joe Biden -secondo il quale questo piano favorirebbe soltanto la Russia- e dei vertici della Nato, che non lo giudicano credibile. Al contrario, Emmanuel Macron ha dichiarato espressamente: «Il fatto che la Cina si impegni nello sforzo di costruire la pace è un segnale molto positivo». Dopo di che ha annunciato ufficialmente che si sarebbe recato in Cina all’inizio del mese di aprile, subito dopo la visita dell’autocrate bielorusso, Alexandre Loukachenko.

A prima vista, il contenuto del piano di pace, nelle sue linee ancora molto generiche, va nella giusta direzione, giacché Pechino richiama la necessità di «rispettare la sovranità di tutti i paesi», «la cessazione delle ostilità», la risoluzione della crisi umanitaria causata dalla guerra, la protezione dei civili e conclude molto chiaramente che «le armi nucleari non devono essere utilizzate»

Ma se ci si sofferma sulla proposta di risoluzione della crisi umanitaria causata dalla guerra, ci si rende conto che la sua formulazione è molto ambigua. Il secondo punto, infatti, invita a «rinunciare alla mentalità della guerra fredda», ma prende di mira più la politica degli USA che non quella della Federazione russa, imputando così a Washington la vera responsabilità del conflitto in pieno accordo con i discorsi di Putin.

I nodi contraddittori della proposta
Quanto alle proposte che sembrano addebitare a Mosca le cause della guerra, il testo è suscettibile di diverse interpretazioni. Se il rispetto della sovranità di tutti i paesi è per la Cina il principio inviolabile delle relazioni internazionali, esso, tuttavia, non si applica a Taiwan, perché si tratta di un territorio che agli occhi di Pechino appartiene alla Cina. E questo è altresì il caso, agli occhi di Mosca, di una gran parte dell’Ucraina, regolarmente classificata, dal presidente Putin come «territorio storico della Russia». Quanto poi alle quattro regioni ucraine ufficialmente annesse dalla Russia, vengono considerate come appartenenti formalmente alla Federazione russa

Ogni frase del testo cinese può quindi essere letta come giustificazione dell’operazione militare di Mosca. Infine, il persistente rifiuto di Pechino di condannare l’aggressione russa, la recente visita del più alto rappresentante della diplomazia cinese a Mosca e le informazioni sulle eventuali consegne di armi alla Russia secondo un’inchiesta condotta dal settimanale tedesco Der Spiegel, rafforzano dubbi e sospetti.

Se, tuttavia, i paesi dell’UE volessero tentare una coerente trattativa diplomatica per la risoluzione negoziale del conflitto russo-ucraino, dovrebbero perseguire - come ha recentemente suggerito Romano Prodi in una intervista televisiva- una “terza via”, equidistante tanto dal pregiudiziale rifiuto americano quanto dalla frettolosa condiscendenza di Emmanuel Macron. Bisognerebbe cioè avviare colloqui con Pechino, chiedendogli di sciogliere gli equivoci e le contraddizioni contenute nella formulazione del suo piano di pace. Una efficace iniziativa diplomatica, avanzata unitariamente dall’UE, dovrebbe pertanto costringere i cinesi a precisare la natura e i concreti modi di attuazione delle loro proposte. Ma il presupposto di questa azione diplomatica europea dovrebbe necessariamente discendere dalla consapevolezza del retroterra culturale che costituisce lo sfondo dell’ambigua proposta negoziale di Pechino.

Da Xi Jinping a Sun Tzu
La volontà di Pechino di partecipare attivamente alla risoluzione del conflitto, si configura come un tentativo di prendere tempo per organizzare un intervento di conciliazione che ponga la diplomazia di Xi Jinping al di sopra della mischia. In questo senso, si è autorizzati a supporre che l’intera articolazione della proposta cinese intenda riprendere e implementare lo spirito del più celebre trattato di polemologia dell’antica Cina: L’arte della guerra di Sun Tzu [tr.it G.Fiorentini, a cura di T.Cleary, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1990] G..

In esso, infatti, si sostiene che «gli esperti nell’arte della guerra sottomettono l’esercito nemico senza combattere. Conquistano le città senza assaltarle e rovesciano uno Stato senza operazioni prolungate». Ad una lettura dell’attuale situazione geopolitica dalla prospettiva suggerita da Sun Tzu, l’abilità di uno stratega consiste innanzitutto nell’evitare l’incauta pervicacia dei Russi, che lottano da molti, troppi mesi, per impadronirsi dell’Ucraina. A maggior ragione, appare avventata la posizione degli Americani e degli Europei che si sono precipitati ad aiutare con ogni mezzo l’Ucraina aggredita. La via cinese, al contrario, si presenta come un momento di preminente neutralità, in grado di sorvolare dall’alto tanto Kiev quanto Mosca, tanto Washington quanto Parigi o Berlino, allo scopo di essere finalmente riconosciuti come l’agente conciliatore di tutte le forze antagoniste. L’obiettivo della Cina, afferma Sun Tzu, «deve essere di dominare, lasciandolo indenne, tutto ciò che sta sotto il Cielo. In questo modo, le [sue] truppe resteranno fresche e la [sua] vittoria sarà totale». Un accordo di pace firmato sotto la guida di Pechino farebbe della Cina il nuovo vero gendarme del mondo.

Per pervenire a questo traguardo, Xi Jinping dovrebbe, dunque, come suggerisce ancora Sun Tzu, «attaccare la strategia del nemico», ovvero innanzitutto il sostegno occidentale all’Ucraina, seguendo il principio: «non lasciate che il vostro nemico si riunisca», bensì provocate «la frammentazione e la dislocazione» del fronte delle democrazie unite contro la Russia. In vista di questo obiettivo, la prossima visita di Emmanuel Macron in Cina suona come una prima vittoria per Xi Jinping. Fedele interprete di Sun Tzu, egli cercherà con ogni mezzo di frammentare il campo pro-Ucraina e di staccare gli Europei dagli USA.
Quali sono le ulteriori mosse strategiche che l’interpretazione del libro di Sun Tzu potrebbe aver suggerito a Xi Jinping?

L’arte della guerra di Sun Tzu
Malgrado la loro antichità – risalente al VI sec. a.C.- i tredici capitoli che compongono L’arte della guerra mostrano che una guerra è innanzitutto una questione di psicologia, e che non va risolta unicamente con la forza delle armi.
All’epoca di Sun Tzu, la Cina era devastata dalle lotte interne dopo il periodo denominato “Primavera Autunno”. L’epoca feudale in cui le truppe erano mercenarie e in cui l’iniziativa della battaglia dipendeva dai presagi era finita. Esistevano già milizie permanenti, al comando di stati maggiori qualificati che lanciavano le operazioni militari a partire da accampamenti fortificati. Solo la cavalleria mancava ancora a questo modello che si imporrà per molti secoli.

La concezione della guerra di Sun Tzu risultò innovatrice per il semplice motivo che non affronta la questione da un punto di vista strettamente tattico, cioè militare. In ogni guerra, infatti, è in gioco l’avvenire dello Stato. Se essa è talvolta necessaria, bisogna farla cessare il più rapidamente possibile, poiché «una guerra prolungata non ha mai giovato ad alcun paese». L’arte della guerra, perciò, equivale paradossalmente ad un’arte della pace, il cui ideale è, per Sun Tzu, l’azione repentina, tipica della “guerra-lampo”«Sopraggiungere come il vento e partire come un fulmine» e, se possibile, costringere l'avversario ad arrendersi prima ancora di entrare in conflitto- «Vincere tutte le battaglie non è la cosa migliore; l’eccellenza suprema consiste nel vincere senza combattere». Come pervenire a questo risultato? Tenendo conto dei dati complessivi del contesto, che sono ben più numerosi di quelli finora considerati dalla scienza militare.

Tra i fattori che lo stratega deve padroneggiare, il trattato di Sun Tzu – per questo aspetto perfettamente conforme alla cultura cinese – si sofferma sulla conoscenza della natura: terreno, clima, cicli stagionali…Così il buon generale deve cercare il successo esaminando le potenzialità della situazione, piuttosto che pretenderlo esclusivamente dagli uomini ai suoi ordini: «Il potenziale delle truppe che, nel combattimento, sono guidate con abilità, può essere paragonato a quello dei ciottoli rotondi che rotolano giù dalla cima della montagna». In generale, l’azione militare può essere efficace solo inserendosi nel corso naturale delle cose: l’iniziativa del Comandante non deve plasmare la realtà, ma adattarvisi. Essa dipende innanzitutto dalla reazione piuttosto che dall’azione propriamente detta. Per illustrare quest’idea, Sun Tzu utilizza l’immagine del serpente del monte Chang; «Quando lo si attacca alla testa, è la coda che si rizza; quando lo si attacca per la coda, si rizza la testa; quando lo si attacca al centro, le due estremità si alzano simultaneamente». Mao Tse-Tung, che fu un attento lettore di Sun Tzu, si ispirerà a questi enunciati per condurre la guerriglia contro l’esercito nazionalista di Chiang Kai-shek.

Il ruolo decisivo del “morale” e l’arte dell’inganno
Ma in guerra è soprattutto la conoscenza della natura umana che si rivela decisiva. Lo stratega deve impegnarsi a conoscere gli uomini che compongono il proprio esercito per dare a ognuno di essi il sentimento della propria utilità in proporzione alle proprie capacità: «Il valoroso sa combattere; il prudente sa difendersi; e il saggio, consigliare. Non c'è quindi nessuno il cui talento sia sprecato». Il buon stratega indebolirebbe le proprie forze se analizzasse male il potenziale dei suoi uomini: «Non affidate alle persone missioni che non sono in grado di portare a compimento». Inoltre, per aumentare questo potenziale, deve adottare un’attitudine esemplare. Perciò, quando il Generale ha freddo, non deve avvolgersi in un pesante mantello, se i suoi soldati ne sono privi; se ha sete, deve «aspettare che i pozzi dell'esercito siano stati scavati e solo allora beve».
Alla buona conoscenza del morale delle proprie truppe, lo stratega deve aggiungere quella del morale dell’avversario: «Conoscete il nemico e conoscete voi stessi; in cento battaglie, non correrete mai alcun pericolo». Se il portatore d’acqua dell’esercito nemico si ferma a bere, significa che tutto il campo soffre la sete. Allora è il momento di attaccare, poiché il nemico è più debole.

Ma l’ideale è ottenere informazioni dalla piazzaforte del nemico. Lo spionaggio è quindi una necessità, poiché gli agenti segreti (Sun Tzu ne distingue 5 specie) forniscono «l’informazione preliminare» che determina l’opportunità della battaglia. Meglio: non bisogna esitare nel disinformare il nemico poiché «la guerra è fondata sull’inganno». Spesso si rivela perciò molto efficace far credere che si possiedono più forze di quante non se ne abbiano realmente, per esempio utilizzando «molti tamburi e torce per i combattimenti notturni o numerose bandiere e stendardi per i combattimenti diurni». L’arte della guerra si basa, quindi, su una conoscenza gerarchica dei fattori decisivi che determinano l’esito di ogni conflitto: «il primo di questi fattori concerne l’influenza morale; il secondo e il terzo, le condizioni metereologiche e il terreno, il quarto, l’abilità del comando, e il quinto la dottrina». Questa gerarchia contrassegna la vera originalità del libro di Sun Tzu. Ponendo “l’influenza morale” come conoscenza prioritaria, Sun Tzu è considerato come il primo teorico della guerra psicologica: per ottenere la vittoria, ciò che conta è saper demoralizzare il nemico affinché si arrenda o ceda il più rapidamente possibile. Solo, dunque, una diplomazia europea, che sappia tenere nella giusta considerazione il retaggio strategico, ereditato, più o meno consapevolmente, attraverso la tradizione culturale che discende dal libro di Sun Tzu, potrebbe sedersi con profitto al tavolo delle trattative negoziali per la pace in Ucraina.

 

 

 

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