"Auto-conversazione" di Severo Lutrario per illustrare l’effettivo stato dell’arte sulla vicenda “acqua” con qualche semplice domanda a cui ha cercato di dare delle risposte semplici.
Il contratto con Acea ATO 5 S.p.A. è stato risolto?
Risposta: Si e No.
Si, perché così ha votato l’Assemblea dei Sindaci il 13 dicembre 2016
No, perché la partita non è chiusa fino alla definizione in tribunale dell’opposizione alla risoluzione fatta da ACEA ATO 5 S.p.A.
Ma cosa ci si può aspettare dalla vicenda giudiziaria?
Risposta: La situazione è estremamente incerta perché le contestazioni predisposte dalla Segreteria Tecnica erano parziali e non sono state integrate (nonostante l’esplicita richiesta avanzata dal comitato) nel corso dei sei mesi di valenza della diffida emessa a seguito dell’Assemblea dei Sindaci del 18 febbraio 2016. In pratica la Consulta d’Ambito e la Segreteria Tecnica hanno operato per ottenere che la parte pubblica si trovasse in una condizione di oggettiva debolezza nel confronto con il gestore.
Sulla vicenda risoluzione, a questo punto, si può fare qualcosa?
Risposta: Certo. Si poteva e si può agire (come in altri territori si sta facendo ma non da noi) nei confronti del Comune di Roma Capitale che detiene il 51% delle azioni di ACEA S.p.A. che, a sua volta, ha il 97% delle azioni di ACEA ATO 5 S.p.A..
La giunta Raggi dovrebbe solo tenere fede alla prima delle cinque stelle, quella dell’acqua pubblica e alle promesse elettorali, quando parlava di ripubblicizzazione di ACEA S.p.A..
In sostanza, per quanto ci riguarda, potremmo ottenere che fosse ACEA S.p.A. a bloccare la sua controllata.
Ma se, comunque, la vicenda della risoluzione si dovesse concludere positivamente, sarebbe fatta?
Risposta: No.
Perché in caso di una nuova gara per l’affidamento ad un privato o per scegliere il socio privato di una società mista (51% di proprietà dei comuni e 49% al privato), per gli equilibri e le relazioni tra i grandi operatori del settore (Veolia ha ceduto ad Acea tutte le sue partecipazioni in centro Italia) Acea non avrebbe concorrenti e, cacciata dalla finestra, rientrerebbe dalla porta e per di più con un nuovo contratto predisposto su minura per i suoi interessi dall’Autorità per l’Energia, il Gas e il Servizio Idrico.
Ma, allora, quale sarebbe la soluzione possibile?
Risposta: La gestione pubblica. Ovvero la costituzione di un’azienda speciale consortile.
Infatti, un’eventuale S.p.A. a totale capitale pubblico, ci liberebbe da ACEA ma, funzionando comunque sulla base del diritto privato e commerciale (e quindi avendo come scopo il profitto e non la qualità ed universalità del servizio), porrebbe nelle mani dei management tutto il potere togliendo ogni possibilità di reale controllo alle amministrazioni ed ai cittadini.
Ma i comuni dove troverebbero i soldi per gli investimenti?
Risposta: Perché, il privato dove li prende?
La domanda può essere fatta ad un qualsiasi imprenditore e non c’è nessun imprenditore onesto che potrebbe rispondere di essere pronto a tirare fuori dalle tasche (tanto per fare una cifra) cento milioni di euro per riprenderli in trenta anni di fatturazioni.
Il privato, se è onesto e gli investimenti li fa, i soldi li prende in prestito dal mercato finanziario, dalle banche.
E qui nasce il problema.
Il mercato finanziario non aspetta trent’anni per riavere il soldi prestati con gli interessi. Di norma l’ammortamento è di 5 anni ed allora, o il gestore, se è onesto, in tempi molto rapidi finisce con enormi debiti con le banche, o le tariffe devono assicurare la restituzione del prestito alle condizioni delle banche.
Dato che questa seconda ipotesi non è socialmente sostenibile, si finisce (è avvenuto tante volte in Italia dove i gestori gli investimenti li hanno fatti) con la rinegozziazione del debito con le banche e con queste che stabiliscono di fatto tariffe e investimenti divenendo le vere padrone del servizio.
Ma allora non c’è soluzione?
Risposta: Per una vera soluzione bisogna eliminare la pretesa che tutti i costi del servizio ricadano sulla tariffa e per questo è necessario un intervento legislativo nazionale. Ma, mentre se il gestore è privato, una S.P.A. comunque composta, la condanna è certa, se si scegliesse la soluzione pubblica ci sarebbero comunque alternative da esplorare.
Quali?
Risposta: Ad esempio l’insieme dei comuni che costituiscono l’ambito potrebbero fare ricorso ai Buoni Ordinari Comunali (sono attivabili anche dalle unioni dei comuni) i cui proventi non possono essere impiegati per le spese correnti ma in progetti (e che cos’é il piano degli investimenti nel Piano d’Ambito se non un progetto di miglioramento e efficientamento di un servizio?). Mettendo sul mercato questi buoni con un rendimento anche di poco superiore a quello dei buoni statali, potrebbero essere reperite le risorse necessarie con i tempi e le condizioni di restituzione dei capitali definite in maniera certa.
Ma con un’azienda speciale consortile, non si rischia di mettere in piedi un altro carrozzone come il Consorzio degli Aurunci?
Risposta: Il Forum dei Movimenti per l’acqua ha sempre parlato di “pubblico partecipato”, proprio perché se l’azienda finisce nelle mani dei soliti faccendieri e politicanti di seconda fascia, più che un rischio e quasi una certezza la riduzione del tutto ad un carrozzone. La “partecipazione” è un fattore essenziale e deve assicurare nella gestione del servizio il peso dei consigli comunali, dei cittadini e dei lavoratori.
In questo senso a livello regionali i comitati hanno prodotto la legge regionale n. 5/2014 che ha come elementi qualificanti la ridefinizione degli ambiti (di bacino idrografico) sulla base non di suddivisioni amministrative, ma sulla base dei bacini naturali e un governo degli stessi che toglie ai sindaci le decisioni senza vincolo di mandato e le affida ai consigli comunali con la partecipazioni attiva dei cittadini e dei lavoratori.
Ma la legge 5/2014 che fine ha fatto?
Risposta: E’ ancora inattuata perché la giunta Zingaretti, in ossequio alle politiche del partito di Renzi, non riuscendo a introdurre nel Lazio una legge analoga a quelle approvate in Toscana e Campania, funzionali agli interessi di Acea S.p.A. e analoghi operatori, ha fatto melina sperando che fosse la legislazione nazionale a cancellare la possibilità di un’organizzazione come quella disegnata dalla legge 5/2014. Dopo la bocciatura del Testo Unico dei Servizi Pubblici a rilevanza Economico Generale della ministra Madia, la giunta Zingaretti ha dato mandato al professore Lucarelii – quello che ha predisposto i quesiti referendari del 2011 - di predisporre una proposta di legge attuativa.
Questa è una buona cosa?
Risposta: Si. Però, non credendo che la giunta Zingaretti sia stata improvvisamente fulminata dalla luce sulla via di Damasco, e ricordando come ogni minimo passo in avanti sia stato strappato con il continuo tampinamento di comitati e cittadini (tra i quali quelli ciociari hanno avuto un peso fondamentale), senza la prosecuzione e la moltiplicazione delle iniziative potremmo assistere ad un ennesimo buco nell’acqua
In sostanza, allora come siamo messi?
Risposta: Nei mesi scorsi si sono manifestati contestualmente tre fatti importanti. L’Assemblea dei Sindaci ha deliberato la risoluzione; il governo Renzi è caduto e le cosiddette riforme Madia hanno avuto una battuta di arresto; la giunta Zingaretti ha affidato al professor Lucarelli l’incarico di scrivere la norma attuativa della legge 5/2014. Nei mesi scorsi c’era la necessità ed il tempo di mettere in campo tutte le energie e le intelligenze perché questi fatti si traducessero in un fondamentale passo in avanti verso una soluzione positiva dell’intera vicenda.
Cosa si dovrebbe fare?
Risposta: Spingere perché amministratori e cittadini dell’ATO 5 facciano sentire la loro pressione verso la giunta Raggi e l’intero movimento 5 stelle che, attraverso l’amministrazione di Roma Capitale, ha la proprietà del 51% delle azioni di Acea S.p.A. e ne può determinare scelte ed indirizzi.
Far sentire la pressione di amministrazioni e cittadini alla giunta Zingaretti per imporre la costituzione degli Ambiti di Bacino Idrografico “Sacco” e “Liri – Garigliano” ed il varo della legge attuativa della 5/2014 senza stravolgimenti.
Far conoscere alle amministrazioni comunali del territorio ed ai cittadini i reali termini della questione in ordine ad un’eventuale nuova gara e sulla fattibilità, anche economica (anzi l’opportunità “economica”) di una gestione pubblica.
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