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Ceccano. Grave disattenzione per le scuole del comune

CIRCOLO  PD DI CECCANO

Predisporre un sopralluogo in tutti gli edifici scolastici comunali

BANDIERE PD 350 260Il Circolo del Partito Democratico di Ceccano con amarezza prende atto della scarsa attenzione che la maggioranza guidata dal Sindaco Roberto Caligiore ha riversato sugli edifici scolastici di proprietà comunale, in modo particolare sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie che periodicamente gli istituti necessitano, al termine dell’anno scolastico, periodo migliore per mettere in atto i lavori.

Con la comparsa delle precipitazioni meteorologiche di questi giorni, sono riemersi problemi già noti, soprattutto per il plesso scolastico di via Passo del Cardinale, facente parte dei II Circolo Didattico di Ceccano.
In questi giorni, il personale docente sta convivendo con infiltrazioni di acqua piovana all’interno delle classi. Ciò a discapito anche degli alunni e delle loro condizioni di salute.

“Una situazione del genere rende l’ambiente oltre che poco confortevole e salutare, assolutamente non agibile. Siamo arrivati al punto che all’interno delle classi si raccoglie l’acqua con i secchi” – sottolinea il segretario del PD Giulio Conti.
All’esterno dell’edificio scolastico, la situazione non cambia, in quanto l’intero piazzale è soggetto ad allagamenti per i quali non si è posto rimedio con la predisposizione di appositi canali di raccolta e scolo delle acque piovane. “Siamo arrivati al punto che gli stivali non bastano più ed occorre una canoa per entrare! Ciò è a dir poco vergognoso. Da oltre 7 anni questi signori amministrano la città di Ceccano senza risolvere alcun problema!”

Siamo di fronte all’ennesima assenza di pianificazione oculata degli edifici scolastici. Evidentemente l’amministrazione Caligiore ha preferito, nei mesi scorsi, investire risorse presso quei plessi nei quali è presente una rappresentanza politica all’interno della stessa maggioranza.

Affermiamo ciò con rammarico, ma anche con la consapevolezza, sotto gli occhi di tutti in questi giorni, che non possono esserci scuole di serie A ed altri di categoria inferiore.

Invitiamo pertanto l’amministrazione comunale a predisporre un sopralluogo in tutti gli edifici scolastici comunali con la commissione consiliare preposta, nella quale partecipano anche rappresentanti delle forze politiche di minoranza ed a mettere in atto tutti gli interventi necessari per tutelare la salute degli alunni ceccanesi e del corpo insegnanti, al fine di garantire loro un posto di lavoro salubre e sicuro.

 

Il Circolo del Partito Democratico di Ceccano

 

 

 

 

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Polo ospedaliero Colleferro-Palestrina: scende il Covid, ma il Pronto Soccorso resta inadeguato

SANITA'&TERRITORIO

2022: bilancio negativo per il Polo ospedaliero Colleferro-Palestrina

logocomitatoospedalecolleferroIl 2022 si chiude con un bilancio negativo per il Polo ospedaliero Colleferro-Palestrina. Questa la valutazione del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” – Coordinamento territoriale e che dà il via alla ripartenza nel 2023 con rinnovato impegno civico.

Nella Regione e nella nostra ASL RM5 l’erogazione dei servizi sanitari di diagnosi e cura a livello domiciliare, in regime ambulatoriale e di ricovero ospedaliero ha registrato, senza soluzione di continuità, numerose battute di arresto, divenendo in alcuni casi un’attività residuale.

Prima del covid, durante e dopo la pandemia i disservizi sono continuati, segno che i “problemi” erano preesistenti ed hanno origine nelle scelte politiche tiburtinocentriche della Regione, a cui per convenienza i Comuni del distretto si accodano.

Di alcuni episodi, accompagnati dalla segnalazione dei diretti interessati, si è occupata la stampa locale, nel tentativo di richiamare l’attenzione responsabile degli Amministratori, che sono però rimasti imperturbabili.
A novembre 2018, come si ricorderà, la Regione, tramite l’Atto Aziendale del Commissario Straordinario dell’ASL RM5, Giuseppe Quintavalle, aveva istituito il Polo ospedaliero Colleferro-Palestrina, promettendo di incrementare le prestazioni e la qualità dell’assistenza.
Non sappiamo quanti abbiamo creduto a tale promessa, ma in tanti hanno provato per esperienza personale, nonostante gli sforzi degli operatori sanitari, che il pronto soccorso dell’ospedale di Colleferro continua ad essere un nodo irrisolto.

A settembre, dopo un’estate drammatica sotto il profilo della carenza del personale in servizio, l’arrivo della nuova Direttrice del pronto Soccorso e del sistema dell'emergenza/urgenza era stato salutato con soddisfazione dai responsabili della ASL RM5. “Le cose possono cambiare!", aveva preconizzato il Sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, aspettativa rimasta come sempre delusa.

Al pronto soccorso di Colleferro (non solo) si trascorrono ore in attesa di essere visitati, stazionando a lungo in locali non degni di un ospedale, prima di essere ricoverati e di vedersi assegnato un posto letto, oppure si rimane in piedi in fila (al freddo) fuori il presidio di via degli Esplosivi.
La Regione e il Comune di Colleferro sono a conoscenza del disagio che patiscono quotidianamente gli utenti ma non vogliono fare i conti con i problemi ospedalieri, né con quelli creati dalla disorganizzazione inefficiente dell’assistenza dei servizi territoriali.

Il Direttore generale della ASL RM5, dottor G. Giulio Santonocito, e il Sindaco Sanna, sempre disponibili per qualche selfie, si mostrano solerti nel diffondere comunicati entusiastici su grandi e piccole questioni, anche quando i risultati non sono così eclatanti, secondo una logica di promozione aziendalista o in chiave elettorale.

L’ultimo episodio riguarda la recente inaugurazione del nuovo ambulatorio chirurgico dell’ospedale di Colleferro, dedicato in prevalenza alla branca oculistica, alla presenza dell’Assessore alla Sanità, Alessio d’Amato.
Non era mai accaduto, nonostante i nostri inviti ed appelli sulle gravi e costanti problematiche che travagliano l’ospedale, vedere a Colleferro l’Assessore D’Amato.
Terminato l’evento, l’Assessore regionale ha lasciato la città senza prendere un impegno concreto sulla grave carenza di operatori e di posti letto. Il Sindaco Sanna non gli ha strappato una dichiarazione pubblica e colto questa rara occasione per dimostrare ai cittadini la sua preoccupazione per la drammatica questione “pronto soccorso” ed anche per chiedere un freno alla politica Tivolicentrica, che lascia senza sanità pubblica gran parte del bacino del Polo ospedaliero.

Ma un nuovo ambulatorio come può essere definito un “segnale importante per il rilancio” del servizio sanitario?
Si vorrebbe rilanciare il polo ospedaliero Colleferro-Palestrina, che è stato sottoposto alle rigide regole del Piano regionale di rientro dal deficit, a politiche restrittive di riduzione della spesa sanitaria, con blocco del turn over, riduzione dei posti letto, bassi livelli qualitativi delle prestazioni, definanziamento della sanità pubblica, depotenziamento delle dotazioni di personale, incremento dello stanziamento a favore della sanità privata e convenzionata, attraverso un nuovo ambulatorio di cui non si conosce ancora l’operatività, ovvero le attività, i giorni di apertura, gli orari e il personale assegnato?

A noi risulta che il Polo ospedaliero Colleferro-Palestrina, da quando è stato istituito, ha al suo passivo la perdita (per la seconda volta) dei reparti materno-infantili, assegnati a Tivoli, e una gestione cartacea che non è riuscita a realizzare nei fatti l’integrazione delle attività ospedaliere erogate. E che fine ha fatto il riconoscimento del pronto soccorso di Colleferro come DEA (Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione) di II livello?

Gli stessi Comuni nella Conferenza dei Sindaci non si sono riuniti per affrontare il problema delle scelte aziendali, dell’informazione al pubblico, del miglioramento dell’accessibilità alle cure, dei risultati della riorganizzazione e gestione del Polo ospedaliero, né hanno voluto “concedere” un confronto ai rappresentanti dei Comitati locali.

Un altro anno si chiude in perdita: nessuno dei problemi reali dello scorso anno è stato risolto e ormai il rinnovo del Consiglio regionale rende ancor più inutile, se possibile, qualunque tentativo di dialogo con le forze politiche al governo della Regione.
Auguriamo buon 2023 a tutti gli operatori del Polo ospedaliero, impegnati a garantire un servizio essenziale ai cittadini. anche nei giorni festivi.

Colleferro, 27 dicembre 2022
Gabriella Collacchi, Portavoce e Ina Camilli, Coordinatore del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” - Coordinamento territoriale
FB Comitato libero “A difesa dell'ospedale di Colleferro” - Coordinamento territoriale Cell. 349055850 - 3357663418

 

 

 

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Polveri sottili, problema grave per Frosinone

CAPOLUOGO - AMBIENTE

42 giornate di sforamento e una media di periodo 27 mcg/m3

Dott. Giovambattista Martino*
PolveriSottili 390 minLe polveri sottili continuano ad essere un problema grave per Frosinone. La diminuzione delle giornate di sforamento, che sembrava seguire un trend comune a tutta la Nazione, quest’anno si è arrestata. I numeri istituzionali dell’ARPA, quelli che devono indicare ed indirizzare i percorsi amministrativi e decisionali, dicono che nel Capoluogo al 3 dicembre del 2022 si registrano: 42 giornate di sforamento e una media di periodo 27 mcg/m3, gli stessi identici dati del 3 dicembre 2021. Il 2 dicembre 2022 la media di PM 10 nelle 24 ore è stata di 92 mcg/m3, una delle peggiori dell’anno.

Il 3 dicembre la media è risultata di 50 mcg/m3, esattamente al limite per non conteggiare un ulteriore sforamento. Sono ammessi per norma 35 giorni di sforamento in un anno oltre i 50 mcg/m3 di media di PM10 nelle 24 ore, anche se per l’OMS il valore limite ammesso è di soli 10 e non di 50 e dal settembre 2021, sempre per l’OMS, anche valori inferiori a 10 non sono esenti dal provocare danni. Questi gelidi numeri purtroppo sottendono una problematica devastante a tutti nota : l’aumento dei decessi e delle malattie proporzionale al grado di inquinamento da polveri sottili. Questa la cruda realtà.

Per il Capoluogo la conformazione oro geografica del territorio, nel periodo autunno-inverno, determina un persistere indefinito ed elevato delle concentrazioni degli inquinanti aerei, influenzate dagli imprevedibili cambiamenti meteorologici. Come Medici, alla luce di quanto descritto, ribadiamo, come da sempre, che l’unica risposta possibile sia la massima riduzione, in ogni ambito, delle emissioni in atmosfera. E’ indispensabile continuare nella direzione amministrativa e comportamentale già intrapresa, anzi amplificarla significativamente : interventi sul traffico, mezzi pubblici, domeniche ecologiche, isole pedonali, mobilità alternativa, piste ciclabili, caldaie, limitazione delle combustioni domestiche, efficientamenti edilizi, piantumazioni idonee e quanto altro possibile nel contenimento delle emissioni inquinanti. Fondamentale che continui a esercitarsi, diffondersi ed a rafforzarsi quella comune coscienza ambientale, che come Medici abbiamo fortemente rappresentata e che vede nella difesa della Città la salvaguardia della salute di tutti.

Ma ognuno deve fare la propria parte con lealtà e responsabilità: Medici, Amministratori Comunali e Provinciali, ma soprattutto la Regione Lazio cui competono decisioni fondamentali ad altri per ruolo negate. Se da una parte, nel piano di risanamento dell’aria prospettato, la Regione ci limita a poche ore la possibilità del carico e scarico delle merci in città ed inasprisce ulteriormente le limitazioni del traffico veicolare, dall’altra, a ridosso della città, ipotizza l’autorizzazione di un biodigestore provvisto di una caldaia a gasolio di 500KW, con emissioni pari a 148 caldaie di appartamento, accesa 24 ore al giorno per tutti i 365 giorni dell’anno, annullando così l’effetto di contenimento delle emissioni ottenuto dalle molte limitazioni imposte ai cittadini di Frosinone. Biodigestore che prevede il trasporto di quasi 100 mila tonnellate/anno di rifiuti in entrata ed uscita con autoarticolati ed autobotti transitanti a centinaia, continuativamente, a pochi metri da quelle stesse strade sulle quali si impone il divieto di transito alle automobili dei cittadini durante le giornate di blocco del traffico.

In tal modo qualsiasi fermo veicolare cittadino previsto dal piano regionale, fosse anche completo e totale, risulterebbe inutile, ridicolo e risibile. Né appaiono idonee e tantomeno appropriate le ultime dichiarazioni del consigliere regionale che, in confusione nell’interpretazione dei dati, propaganda risultati non corrispondenti, enfatizza argomenti relativi capacità previsionali già in utilizzo da anni privi di novità e di utilità per la valutazione degli aspetti sanitari nel momento di esposizione acuta agli inquinanti. Invece della propaganda sarebbe stato utile entrare nel merito con cultura e competenza, chiarendo, per esempio, perchè l’ARPA non ci permette di conoscere le concentrazioni delle polveri sottili nel momento dei picchi, durante i quali possono concretizzarsi danni in acuto, al tempo stesso impedendo al cittadino di difendersi contro un pericolo imminente. Non a caso si raccomanda a categorie a rischio quali diabetici, insufficienti respiratori, cardiopatici, donne in gravidanza, bambini e pazienti fragili in genere, di non esporsi durante i picchi di elevata concentrazione di PM, gli stessi che l’ARPA però non fornisce.

L’ARPA si limita alla media delle 24h comunicata, peraltro, solo il giorno successivo l’evento, a possibile danno già subito dai cittadini. Il 2 dicembre scorso ARPA ha rilevato una concentrazione media delle 24 h di 92mcg/m3 di PM10. Se 92 è stata la media, quale il valore dei picchi e quale il valore dei minimi? in quali ore i picchi? mentre giocavano i bambini? mentre passeggiavano le gravide ed i pazienti fragili? di giorno o di notte? all’entrata o all’uscita della scuola? o durante le ore di lezione?

Se 92 è stata la media, Frosinone è stata esposta a picchi di concentrazione 20/30 volte superiori al limite ammesso dall’OMS. Quali danni alla salute in quelle ore? chi è stato avvertito? chi è stato messo a conoscenza del pericolo? chi è stato messo in condizione di difendersi? quali le conseguenze future per il sommarsi di tali eventi? Il primato dei tumori infantili, che la Regione Lazio ha recentemente individuato nella nostra Provincia, quanta causa riconosce nell’esposizione ai picchi di PM dai valori sconosciuti da parte delle mamme nel periodo gestazionale? Queste sono domande che attendono risposte utili, non certo proclami di propaganda a ridosso delle elezioni.

*Dott. Giovambattista Martino – coordinatore Associazione Medici per l’Ambiente

 

 

 

 

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Grave è l'assenza di una netta alternativa alla destra

COMMENTI

Pesa la difficoltà di contrapporre alla destra uno schieramento nettamente alternativo

di Alfiero Grandi
Parlamento vuoto 350 minLa crisi del sistema politico italiano (in particolare dei partiti) rischia di diventare istituzionale e di fare scivolare il nostro paese verso una modifica dei valori, degli obiettivi, costruendo nuove gerarchie sociali che sono il contrario dell’inclusione, mettendo in crisi il ruolo della Costituzione e quindi minacciando la stessa tenuta sociale del nostro paese.

Apparentemente il governo Draghi rappresenta una fase anestetizzata. In realtà non è affatto una pausa, nel paese si agitano tensioni e si sviluppano iniziative. Ci sono movimenti profondi che stanno cambiando collocazioni e orientamenti dei partiti attuali, le loro alleanze e tendono a modificare in profondità il futuro politico del paese. In altre parole i problemi non risolti di identità, di radicamento, di capacità di rappresentare dei partiti stanno portando a convulsioni sempre più profonde, a cui non corrispondono reazioni adeguate, all’altezza dei problemi da affrontare.
La stanchezza e la sfiducia hanno portato in pochi anni alla rapida crescita di partiti, o simil partiti, e al loro altrettanto rapido declino. Questa fase non è conclusa perché la ricerca di punti di riferimento, affidabili, riconoscibili, tra loro alternativi non si è conclusa e quindi le convulsioni del sistema politico continuano e i voti si spostano con rapidità, anche verso l’astensione.

La debolezza del sistema politico dei partiti ha dato spazio a tentativi di occupare le istituzioni cercando di stabilire un rapporto diretto con gli elettori. Questo è stato il tentativo di Renzi che ha cercato di ottenere sul versante istituzionale la conservazione del potere conquistato, che il Pd non era in grado di garantirgli. Solo la sconfitta nel referendum costituzionale del 2016 lo ha fermato nella rincorsa al potere, ma il Pd che avrebbe dovuto cogliere l’occasione per una riflessione di fondo, per fare i conti con il renzismo, ha glissato e il nodo non è affatto risolto, visto che – sia pure dall’esterno del Pd – le azioni corsare hanno portato prima alla crisi della maggioranza del governo Conte 2 e ora continua a pesare sul quadro politico la difficoltà di contrapporre alla destra uno schieramento nettamente alternativo. Difficoltà nella quale sono particolarmente esposti sia il Movimento 5 Stelle che Italia Viva. Due situazioni molto diverse ma accomunate da percorsi a zig zag, come per le elezioni nei Comuni di ottobre, e sulla legge Zan.
Elettrici ed elettori hanno bisogno di chiarezza, di riferimenti coerenti. Il tempo del pensiero debole dovrebbe essere considerato concluso. Occorre tornare ai valori, ai riferimenti certi, alle risposte convincenti, superando un tatticismo che è diventato – largamente – diffuso opportunismo.

La formula né di destra né di sinistra è in crisi, sia pure perché la destra si è manifestata in modo chiarissimo in occasioni importanti ed emblematiche, e promette di farlo ancora di più in occasione delle prossime elezioni politiche.
Se il governo Draghi non può essere inteso come il periodo della ricreazione per i partiti e tanto meno può bastare caratterizzarsi nella competizione politica come il sostenitore più fedele (il partito di Draghi) occorre di conseguenza affrontare i problemi, cercando di spostare l’asse dell’azione di governo sul piano sociale, economico e dei diritti. Quindi la competizione con la destra deve essere aperta e forte.

Il PNRR è decisivo per il futuro dell’Italia. È un’occasione irripetibile, non va mai dimenticato. Tuttavia ci sono scelte che debbono essere fatte e l’Europa ha già richiesto di spostare risorse per miliardi di euro per affrontare obiettivi dimenticati, e per togliere quattrini a scelte non coerenti con gli obiettivi della transizione ecologica. Quindi la Commissione europea è l’unico interlocutore, per ora, del governo Draghi.
Nulla del genere è arrivato dal parlamento italiano. Certo il parlamento è ancora sotto scopa dopo il taglio dei parlamentari confermato dal referendum popolare. Eppure il parlamento non ha trovato la forza di reagire neppure in questa occasione. Non ha avuto la forza e la consapevolezza di dovere non solo approvare ma soprattutto condizionare e correggere, qualificare positivamente le scelte indicate nel PNRR, sbarrando la strada ai conservatori e agli interessi economici che difendono le scelte precedenti per fini di profitto aziendale.

Nell’ambito del PNRR ci sono scelte diverse possibili: di destra e di sinistra, innovative o conservatrici, questo dovrebbe portare ad affrontare un duro confronto con i conservatori, che si annidano anche in aziende a partecipazione pubblica. Ma tutto questo è lontano, rarefatto, sostanzialmente delegato al governo, che è oggetto di pressione e di lobbismo degli interessi economici e finanziari dominanti, che allo stato non trovano contrappesi adeguati.
Il decreto legge governance lascia seri dubbi sulle procedure indicate, non tanto sulla velocizzazione ma sulle modalità conclusive di decisione, sulla reale apertura alle opinioni degli esperti, delle associazioni, dei cittadini organizzati a livello territoriale. Al di là delle formule come sarà possibile avere voce in capitolo e come si potrà impedire che il governo vada oltre i limiti nelle decisioni conclusive? L’approvazione del PNRR è automaticamente una delega su tutti i singoli interventi? Questi problemi non riguardano il ruolo dei partiti? C’è un’unica delega in bianco su tutto?

Tra questi c’è il problema principe dello sblocco dei licenziamenti. Dopo il duro periodo della pandemia, che non è detto sia realmente finito, ci troviamo di fronte al riconoscimento che il mondo delle imprese che più ha sofferto la crisi aveva ed ha bisogno di sostegno, non altrettanto verso i lavoratori che hanno beneficiato del blocco dei licenziamenti nel periodo della pandemia. I sindacati sono rimasti fin troppo soli ad affrontare questo tormentato capitolo. Tutti sapevano che lo sblocco rischiava di creare un’alluvione di licenziamenti ma non ci sono stati interventi adeguati verso il governo. Notizie di stampa dicono che il ministro Orlando ha minacciato di andarsene ma non è bastato a modificare a sufficienza le decisioni del governo, fortemente condizionate da Confindustria. Una controprova generale si trova nella composizione della cabina di regia decisa dal decreto legge sulla governance che non prevede la presenza permanente in questa sede dei ministri che si occupano del Lavoro e del Mezzogiorno. Se il lavoro non è considerato un problema permanente, né lo è la qualificazione meridionale degli investimenti non si tratta solo di una dimenticanza o di una sottovalutazione, ma di una scelta discutibile, soprattutto se dovesse uscire confermata dall’approvazione del parlamento, senza modifiche.

La questione riguarda anzitutto il Pd e la sinistra nella maggioranza, ma non solo perché anche altre posizioni politiche sono coinvolte da una ricerca di ruolo. C’è ancora tempo per modificare, ma se non avverrà si capirà meglio perché il sindacato è stato lasciato solo nel contrastare lo sblocco dei licenziamenti.
Il buono ottenuto è merito del sindacato e i limiti dell’intesa con il governo sono figli del mancato impegno dei partiti della maggioranza.
Se questo è il modo di concepire il ruolo dei partiti che stanno nella maggioranza e nel governo non ne deriverà nulla di buono. La crisi politica continuerà. La frattura con la vita reale dei cittadini aumenterà e quindi la capacità di rappresentanza ne risentirà, ma anche in questo caso la situazione non sarà uguale per tutti. La destra ne beneficerà, altri faticheranno non poco a spiegare come mai hanno fatto le guardie svizzera delle politiche del governo Draghi senza cercare di condizionarne le scelte e di cambiarle. Meglio parlarne apertamente ora prima che le conseguenze politiche portino ad una deriva destinata a modificare in profondità la nostra democrazia e non certo in senso migliorativo.

 

 

 

 

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Automotive e il suo indotto in grave crisi

FCA Piedimonte 350 260La situazione dello stabilimento FCA di Piedimonte SG. comincia a farsi preoccupante in quanto sono previste, a partire da gennaio e fino a settembre, 8 gg. di CIG al mese con conseguente riduzione dei salari dei lavoratori.

Già nel 2019 si è superata la soglia di 100 gg. attestandosi a quota 104 gg. di CIG. con una percentuale che si avvicina al 60%. La produzione della Giulietta che si attesta attualmente a 70 unita scenderà a quota 40 e i nuovi modelli annunciati per il sito di Piedimonte, riguardanti il segmento D della Maserati, sono previsti dal 2021 con una produzione di 100 auto al giorno e che avranno un costo di circa 70.000 euro, sicuramente destinato ad un target di riferimento medio-alto.
Tutto ciò crea un livello di allarme per la tenuta dello stabilimento di Piedimonte che conta oggi 3750 lavoratori con un indotto di altri 2000 e che già nella fase attuale versa in una situazione di grave sofferenza.Bandiera pci 350 260

Noi riteniamo che quello che è in crisi è soprattutto il sistema paese; c'è il rischio, infatti, che potrebbero perdersi nel prossimo futuro circa 25000 posti nel settore della mobilità. Il quadro è aggravato dal fatto che il sistema produttivo mondiale è in una situazione di surplus produttivo se consideriamo il fatto che su 100 Mln di capacità produttiva le auto vendute sono solo 60 Mln. In questo quadro il PCI ritiene assolutamente necessario riaprire un tavolo nazionale tra Governo, sindacati e FCA affinché venga messo al centro dell'agenda politica il sistema industriale ed in particolare quello dell'auto, così come in Francia dove in questo senso sono aperti ed operativi. Inoltre, è bene ricordare che l'accordo FCA-Psa riguarda esclusivamente la definizione dei vertici, senza un piano di sviluppo chiaro soprattutto per i siti del Mezzogiorno, e tenendo presente il forte nazionalismo francese se si tratterà di chiudere siti produttivi questi saranno italiani.

Il PCI ribadisce la necessità che lo stato acquisti quote del gruppo, così come il governo francese detiene piccole quote dei gruppi Psa e Renault, in modo da garantire la produzione di nuovi modelli con nuove tecnologie, investendo in ricerca e innovazione per sostenere il necessario sviluppo del settore. Per il PCI, l'intervento pubblico in questo settore, come in altri settori strategici per l'economia del nostro paese è in questa fase assolutamente indispensabile e improcrastinabile, altrimenti si corre il rischio concreto di una crisi devastante del settore industriale dell'auto con conseguenti ricadute negative dal punto di vista sociale ed economico.


Il Segretario Regionale del PCI
Oreste Della Posta

 

 

 

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Sora. 99milioni per rimediare ad un grave errore

  • Pubblicato in Partiti

ospedalesora 350 260 minOspedale di Sora, 99milioni di euro stanziati per rimediare ad un grave errore. Il nosocomio non doveva essere costruito in quell’area che è pericolosissima.

Negli anni ’70 si opposero al progetto SOLTANTO i Comunisti. Avevamo ragione!

Sora, 05.01.2019 – In questi giorni in tanti esultano per i 99 milioni di euro stanziati per l’ospedale SS. Trinità di Sora. Addirittura politici di entrambi gli schieramenti fanno a gara per prendersi i meriti relativi allo stanziamento. Peccato che nessuno ricordi la storia, quella vera. Ve la ricordiamo noi.

L’Ospedale volsco è ubicato in una zona sismica, classificata ad alto rischio! SOLTANTO i Comunisti già dagli anni ’70 si opposero alla sciagurata progettazione in quanto sbagliata e pericolosa. Ma i democristiani preferirono speculare!

Oggi, qualche generazione più avanti fatta anche di figli e figliocci di democristiani della prima ora che proprio benedirono la follia dell’ospedale costruito a San Marciano, ci viene a dire che tutto va bene e che dobbiamoPRC - Ospedale di Sora festeggiare perché piovono milioni per il nostro nosocomio. A loro e poi a tutta la cittadinanza va detta la verità: costruire un ospedale in zona altamente sismica è stato un grave errore, che paghiamo ancora a caro prezzo.

Pensate soltanto a quanto sia difficoltoso accedere alla collina di San Marciano; pensate alla struttura simil labirinto che è stata realizzata. Un ospedale che si possa definire Ospedale, è un’altra cosa. Questo noi lo chiamiamo, da sempre, spreco. Questo noi lo chiamiamo, da sempre, sperpero di danaro pubblico. Noi conosciamo la storia e la ricordiamo. I Comunisti avevano ragione, peccato solo che di ragione a volte si può morire, così proprio come sta succedendo alla nostra amata Sora.

Il segretario Prc -Provincia di Frosinone

Paolo Ceccano

Il segretario Prc – Circolo di Sora

Giuseppe Di Pede

 

Inviato da Irene Mizzoni

Clicca sulla locandina a destra per ingrandirla

 

 

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Grave errore il quesito unico: Voterò NO

Sandro MosconeUN "NO" AL GIORNO TOGLIE LA DEFORMA DI TORNO

Voterò "NO"
SANDRO MOSCONE - INGEGNERE, PROFESSORE DI DISCIPLINE MECCANICHE E TECNOLOGICHE PRESSO L’ISTITUTO IIS NOBILI DI REGGIO EMILIA

Una cara amica mi ha invitato a dare le mie ragioni del mio "NO" per il vostro giornale. Con piacere cerco di dare il mio contributo sperando di cogliere lo spirito dell'iniziativa.

Voterò NO.
Ci sono alcune parti della riforma costituzionale che condivido. Ce ne sono tante altre, come la modifica del senato o della procedura per l’elezione del Presidente della Repubblica che disapprovo. Ho sempre dato molta importanza al voto referendario ma credo sia stato un pericoloso e grave errore unire in un unico quesito la modifica o la cancellazione di tanti, troppi, articoli della nostra costituzione. Anche per questo motivo voterò No.
Sandro Moscone
Ingegnere, professore di discipline meccaniche e tecnologiche presso l’Istituto IIS Nobili di Reggio Emilia

 
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Un grave clima di dege­ne­ra­zione dello spi­rito costi­tu­zio­nale

elezioni generali 350 260di Michele Prospero da Il Manifesto - Dopo l'incostituzionalità del Porcellum, di fronte a una nuova legge elettorale con gli antichi vizi, tocca al Quirinale ripristinare le condizioni di un confronto democratico
Può un paese, che ha appena rice­vuto la con­danna della corte di Stra­sburgo , per­met­tersi di gio­care sulle deli­cate mate­rie elet­to­rali e costi­tu­zio­nali affi­dan­dosi alla giu­liva esu­be­ranza di Boschi e di Renzi, che scom­met­tono sull'adozione in ogni angolo del con­ti­nente delle loro splen­dide riforme illiberali?
Per ora l'Europa, nel campo del diritto pub­blico, ha rice­vuto dalla poli­tica ita­liana solo la rie­su­ma­zione della tor­tura di Stato, la fio­ri­tura delle leggi ad per­so­nam , la com­parsa della giu­sti­zia penale con ben scol­pito un volto di classe. Un'ennesima legge elet­to­rale di segno illi­be­rale e com­pleto sarebbe il qua­dro della deriva dell'ordinamento.
Al posto di tante chiac­chiere di mini­stri e rela­tori incom­pe­tenti chia­mati a redi­gere le nuove norme per il voto, il par­la­mento dovrebbe con­fe­zio­nare una legge elet­to­rale non sulla base dei sogni di suc­cesso del lea­der attuale, ma avendo un qual­che dise­gno di sistema. I cal­coli di inta­scare una vit­to­ria certa, mano­vrando a pia­ci­mento le tec­ni­che elet­to­rali, peral­tro non por­tano bene.
Ne fece le spese già un De Gasperi minore, che pagò la for­za­tura illi­be­rale della legge truffa (pre­mio del 65 per cento dei seggi al "poli­par­tito" coa­liz­zato) con una scon­fitta, che acce­lerò il tra­monto di un leader.
In nome della demo­cra­zia pro­tetta e dello Stato forte, aveva sospinto il paese nelle incer­tezze di un con­flitto radi­cale (clima di stato d'assedio a Roma, inci­denti alla camera, Ingrao fu man­ga­nel­lato dalla celere , i depu­tati d'opposizione abban­do­na­rono l'aula can­tando l'inno della repub­blica). E anche la strana cop­pia Occhetto-Segni, che aveva otte­nuto il per­messo di scri­vere la nuova legge elet­to­rale sotto det­ta­tura refe­ren­da­ria, uscì di scena con le prime con­sul­ta­zioni mag­gio­ri­ta­rie. All'ingegneria elet­to­rale di Cal­de­roli non andò meglio.
Una demo­cra­zia malata che scrive tre leggi elet­to­rali in vent'anni, e che da dieci lustri con­vive con una for­mula giu­di­cata dalla Con­sulta inco­sti­tu­zio­nale, dovrebbe muo­versi con ben altra respon­sa­bi­lità e cul­tura delle regole.
Il tempo per un con­senso allar­gato del par­la­mento dovrebbe essere un impe­ra­tivo irri­nun­cia­bile. E invece il mestiere delle riforme è appal­tato a poli­tici dell'improvvisazione che pre­ten­dono, con il 25 per cento dei voti, di imporre ad ogni costo, al restante 70 per cento, la regola del gioco fon­da­men­tale, quella elet­to­rale esco­gi­tata per vincere.
Qual­che solerte giu­ri­sta all'odor di regime inco­rag­gia il pre­mier ad affron­tare lo scon­tro in campo aperto, non esi­tando a ricor­rere al voto di fidu­cia, che sarebbe un pas­sag­gio legit­ti­mato dal pre­ce­dente della legge truffa, quando peral­tro il par­la­mento aveva altri rego­la­menti. E' vero che De Gasperi in aula pose la que­stione di fidu­cia ma, con il suo gesto (si appellò a «impel­lenti ragioni di calen­da­rio» e a «cir­co­stanze straor­di­na­rie»), pro­vocò una crisi isti­tu­zio­nale lace­rante, che nes­suno sta­ti­sta lun­gi­mi­rante può per­met­tersi di sca­te­nare. Lo stesso pre­si­dente del con­si­glio rico­nobbe che «la fidu­cia su un dise­gno di legge non appar­tiene alla pro­ce­dura usuale». Il pre­si­dente del senato Para­tore lo inter­ruppe scan­dendo: «e non costi­tui­sce precedente!».
Col­pito dalle accuse del governo, in merito ai suoi sforzi di media­zione, e anche ai suoi cenni di aper­tura all'ipotesi di un refe­ren­dum ven­ti­lata da Togliatti (si avviò la rac­colta di 500 mila firme per la richie­sta del refe­ren­dum, da abbi­nare alle ele­zioni poli­ti­che con la scelta affi­data agli elet­tori tra l'attribuzione dei seggi secondo la nuova o la vec­chia legge), Para­tore ras­se­gnò le dimissioni.
Secondo il governo d'allora, il senato avrebbe dovuto limi­tarsi a pren­dere atto della legge che riguar­dava solo le moda­lità di ele­zione della camera dei depu­tati. Ma, come ram­mentò Umberto Ter­ra­cini, i pre­ce­denti sto­rici smen­ti­vano la fretta del governo. Nel 1881–82 il senato non solo discusse i ritoc­chi alla legge elet­to­rale ma votò emen­da­menti di cui fu tenuto conto. Le oppo­si­zioni si sca­glia­rono con­tro la pre­tesa dell'esecutivo cen­tri­sta di sta­bi­lire una data per l'approvazione del testo.
Il senso illi­be­rale della legge truffa, dise­gnata per argi­nare quelli che Scelba chia­mava «i mas­sicci par­titi tota­li­tari», lo colse in pieno il giu­ri­sta Vit­to­rio Ema­nuele Orlando che stig­ma­tizzò un'arbitraria pro­pen­sione del potere in carica, quella di inven­tare le nuove regole a ridosso delle con­sul­ta­zioni elet­to­rali (il pro­getto di legge fu pre­sen­tato solo il 21 otto­bre del 1952, con ele­zioni pre­vi­ste nella pri­ma­vera del 1953), che pur­troppo farà scuola. In una let­tera Orlando ammonì: «Con­si­dero come diso­ne­sta ogni legge elet­to­rale che sia pre­ce­dente imme­dia­ta­mente le ele­zioni». E aggiunse: «Ora sic­come il governo attuale vuole que­sto atto diso­ne­sto, pre­cede la mia ribel­lione su que­sto punto».
I riscon­tri sto­rici mostrano che non può esserci il sospetto, in un sistema demo­cra­tico appena decente, di scri­vere le regole "diso­ne­ste" della con­tesa sull'abito delle con­ve­nienze del deten­tore con­giun­tu­rale del potere.
Le riforme, soprat­tutto se varate da un par­la­mento ille­git­timo quanto alla sua com­po­si­zione alte­rata dal pre­mio di mag­gio­ranza, non si defi­ni­scono seguendo le sirene del trionfo annun­ciato ma ipo­tiz­zando anche argini alla bana­lità del male. In un sistema tri­po­lare, con par­titi liquidi e forze a voca­zione anti­si­stema, è segno di pura inco­scienza con­tem­plare la pos­si­bi­lità che dal bal­lot­tag­gio esca con i gal­loni del comando una for­ma­zione con il 20 per cento o anche meno dei consensi.
Nell'attuale sistema tutto si è sciolto e non esi­stono le con­di­zioni reali per una com­pe­ti­zione bipo­lare. Per que­sto la tro­vata del bal­lot­tag­gio di lista perde ragio­ne­vo­lezza, effi­ca­cia. Lo sci­vo­la­mento ple­bi­sci­ta­rio del Pd, che invoca i pre­sunti man­dati impe­ra­tivi sca­tu­riti dai gazebo, rivela un dete­rio­ra­mento del qua­dro istituzionale.
Costi­tui­sce «un pen­siero aber­rante», ha scritto Gian­franco Pasquino, l'idea di invo­care la disci­plina par­la­men­tare sulle riforme, come hanno fatto Renzi, Boschi, per­sino i gio­vani tur­chi. «La disci­plina di par­tito –spiega Pasquino– può essere richie­sta ai par­la­men­tari esclu­si­va­mente sulle mate­rie inse­rite nel pro­gramma che il loro par­tito ha sot­to­po­sto agli elettori».
Se non una deriva auto­ri­ta­ria, un grave clima di dege­ne­ra­zione dello spi­rito costi­tu­zio­nale è già ope­rante. Non c'è spe­cia­li­sta di sistemi elet­to­rali che non abbia mostrato i limiti strut­tu­rali dell'Italicum. Anche tra i giu­ri­sti non ostili verso il rifor­mi­smo di Renzi si rico­no­sce che l'Italicum «è molto simile al Por­cel­lum» e non supera «le obie­zioni sostan­ziali» mosse dalla Con­sulta, che anzi nel qua­dro tri­par­ti­tico «risul­tano forse aggra­vate» (A. Mar­rone, "Il Mulino", 2014 n. 4, p. 555).
Senza par­titi fun­zio­nanti, in grado cioè di cen­su­rare il lea­der, di sfi­darlo alla pari e di non essere dei pas­sivi nomi­nati agli ordini di chi ha lo scet­tro, l'Italicum oscilla tra cadute assem­bleari e vel­leità cesa­ri­sti­che. All'elezione diretta del capo di governo, il con­ge­gno aggiunge anche il con­trollo del 55 per cento della camera deli­neando così un pre­mie­rato illi­mi­tato. Una post­mo­derna repub­blica delle banane con la lea­der­ship creata dai salotti della tv.
In que­sto qua­dro, è indi­spen­sa­bile la vigi­lanza cri­tica del Colle, che dovrebbe essere aller­tato dal costoso pre­ce­dente della man­cata cen­sura pre­ven­tiva che nel 2006 con­se­gnò il Por­cel­lum viziato dai gua­sti illi­be­rali denun­ciati dalla Consulta.
Non si tratta della con­sueta arte di tirare per la giacca il pre­si­dente coin­vol­gen­dolo nel gioco politico.
E' invece l'attesa della rigo­rosa coper­tura del ruolo trac­ciato dalla Carta e che implica l'esercizio del rin­vio per regole che ema­nano il solo dub­bio di inco­sti­tu­zio­na­lità. Dinanzi alla volontà di potenza di un par­tito (diviso) del 25 per cento, che ripro­pone una legge con anti­chi vizi (nes­suna soglia è pre­vi­sta per l'accesso al bal­lot­tag­gio), tocca al Qui­ri­nale ripri­sti­nare le con­di­zioni mini­mali di un con­fronto demo­cra­tico così gra­ve­mente alterato.

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PD: malato grave non solo per il voto del 12 ottobre

partito-democratico bandiera350-250di Ignazio Mazzoli - Incredibile PD. Il segretario del PD Lazio, On. Fabio Melilli  bacchetta i dirigenti locali per la divisione, ma, accetta il risultato, e invita a ritrovare le ragioni dell'unità del partito. Ricordiamo male o non è stato il comitato regionale del Pd e con il suo segretario a riconoscere che l'unica candidatura del PD e l'unica lista che si potesse fregiare del simbolo di questo partito erano quelle decise nella direzione provinciale del partito democratico di Frosinone?
Non solo. I commenti a caldo che vanno da "con il PD e con il centrosinistra sempre mai con il centrodestra" di Sara Battisti, Presidente dell'Assemblea provinciale del partito, alla classificazione che il risultato è una vittoria del centrodestra di cui il senatore Scalia sarebbe il capo indiscusso, come sostiene Francesco De Angelis responsabile degli enti locali. Queste affermazioni che stanno a significare? così direbbe il commissario Montalbano.
"Il risultato del voto per eleggere il Presidente dell'Amministrazione provinciale richiede una riflessione politica più ponderata, depurata dai fumi dello scontro elettorale" – "si legge su Facebook da parte di Ermisio Mazzocchi. – "Un dato è certo, - continua - la maggioranza del Consiglio provinciale è di centrodestra". Sarà, ma il quesito che i dirigenti di questo maldestro partito si dovrebbero porre oggi, è un altro. Chi dirigerà il PD ciociaro? E con quale linea? (ma forse per qualcuno questo è problema secondario)
Ragioniamo se possibile: In tutta Italia i presidenti delle province sono stati eletti con grandi "ammucchiate" legittimate dalle larghe intese nella versione Renziana che comprende forze impegnate nella maggioranza per esplicita alleanza e forze che sostengono dall'esterno pur senza patti pubblicamente sottoscritti ma con implicite dichiarazioni d'amore incondizionato per non meglio precisate ragioni. Lasciamo stare.
Quindi nessuno scandalo e nessuna meraviglia per gli appelli al "voleteve bene".
Quello che invece ci meraviglia è l'assenza di una visione coerente e dichiarata della propria collocazione e delle finalità che si vogliono raggiungere oltre a quella di stare al potere comunque. Per fare cosa è fatto secondario?
C'è un aspetto in questa vicenda che ci aiuta a richiamare alla memoria degli antefatti che forse a qualcuno possono essere sfuggiti. Uno in particolare ci appare evidente anche se occorre precisare le analogie per non ingenerare confusione, giudizi sommari e quindi superficiali. Per queste elezioni di secondo grado il senatore Francesco Scalia ha scelto una linea che aveva avuto l'opportunità di sperimentare in occasione delle ultime elezioni amministrative a Veroli. Tutti insieme contro una minoranza del suo partito. Le analogie finiscono qui.
Perché? A Veroli il sindaco Giuseppe D'Onorio nei dieci anni impegnati nelle realizzazioni utili al comune ha tenuto d'occhio anche i pilastri su cui costruire la continuità del suo lavoro e quindi la sua successione. Dubbioso per la latitanza del PD, in primo luogo ha operato perché il supporto al lavoro di amministrazione fosse espressione dei cittadini organizzati in liste civiche tanto da non rompere con il PD, ma senza restarne travolto dalle sue lotte intestine senza utili finalità sociali. In quell'occasione il senatore Scalia per rafforzare il suo sostegno pronunciò una frase rumorosa: anche se il mio partito avesse scelto di assegnare il simbolo a qualche lista io avrei comunque sostenuto questa coalizione capeggiata da Simone Cretaro (il PD non consentì in quella occasione che si utilizzasse il simbolo di partito ndr). Lì chiaramente si trattava di tutte liste civiche. Oggi si tratta d'altro, di schieramenti e partiti nazionalmente identificati e presenti in Parlamento.
In questa circostanza delle elezioni provinciale di secondo grado, il senatore Francesco Scalia ha reso esplicita e concreta questa sua determinazione facendoci capire che quell'affermazione del maggio scorso era molto, da lui, pensata.
Che cosa si coglie nel suo pensiero? Dagli avvenimenti si ricava un disegno che non si può collocare nell'occasionalità elettorale. In questo senso è leader di un progetto, quello di definire un PD che raccoglie prevalentemente se non esclusivamente un'area di centro moderato-conservatore in cui possano collocarsi anche quegli uomini e donne del centrodestra che si sono impegnati in Forza Italia e oltre.
Perché questo disegno può arrivare al successo? Per le ragioni più volte ripetute. Per esser forza di rinnovamento e di sinistra bisogna avere un progetto di società, esser coerenti fra affermazioni, comportamenti e risultati. In questo PD ciociaro non appaiono operanti forze di questo tipo.
Chi è pronto a credere a un impegno di differenziazione dal centrodestra? Oggi qualcuno ha "un ricordo di Mario Abruzzese", di quando ha contribuito a distruggere la sanità provinciale, di quando ha contribuito alla presentazione della legge Tarzia per la chiusura dei consultori familiari, di quando ha finanziato la legge 46, quella per la Fiat per intenderci, con gli spiccioli, di quando è stato travolto con i suoi compari nello scandalo politico che ha coinvolto la Regione Lazio, a danno dei cittadini. Ma dov'era tutta questa memoria? Se sapevate tutte queste cose perché non le avete dette durante la campagna elettorale per le regionali del 2013 e in quella per le Europee? Forse per non diturbare il guidatore troppo impegnato a cercare preferenze con Sergio Cippitelli e in seguito con tutti gli uomini utili di centrodestra (senza badare al capello). Non basta essere stati iscritti al Pci per qualificarsi eredi di quel partito. Senza coerenza, rigore morale e soprattutto senza stare tutti i santi giorni dalla parte di chi lavora ed è più debole non ci sono eredi di quel partito. Si può essere solo dilapidatori del patrimonio grande lasciato. Com'è avvenuto.
Le elezioni provinciali di secondo grado sono una piccola cosa. Ma il problema aperto è gigantesco. Basterà un congresso a dare un volto dignitoso al PD? Ognuno si faccia un esame di coscienza e valuti se in questo PD si può restare.

14 ottobre 2014

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L'ARS sulla riforma del Senato: un atto grave e gravemente contraddittorio

aulaSenato 350Documento approvato dall'Assemblea nazionale dell'Ars.
L'assemblea nazionale dell'Ars, riunita a Roma il 19 giugno, esprime piena solidarietà e incoraggiamento ai senatori del Pd che si stanno battendo per affermare il pieno rispetto dell'articolo 67 della Costituzione che non prevede vincolo di mandato per i parlamentari eletti, tanto più su questioni di grande peso che implicano la libertà e questioni di principio, come sono certamente le scelte istituzionali.
Non a caso questi senatori si erano autosospesi dal gruppo del Pd del Senato di fronte all'atto di sopraffazione che li aveva visti rimossi dalla presenza nella commissione affari costituzionali, come se il diritto previsto dall'articolo 67 della Costituzione fosse relegato al solo comportamento in aula.
Per un partito che ha scritto democratico nel suo nome questo resta un atto grave e gravemente contraddittorio, che va denunciato. Il consenso elettorale non giustifica in alcun modo un'azione come questa di riduzione della libertà dei parlamentari di fare valere fino in fondo i diritti previsti dalla Costituzione. Diritti che furono garantiti perfino durante la discussione parlamentare in occasione dei bombardamenti in Serbia.
La Costituzione non può essere appannaggio dei governi. Di nessun governo.
Le modifiche costituzionali debbono garantire la divisione e l'equilibrio tra i poteri. La riduzione del numero dei parlamentari può essere ottenuta diversamente e in modo più ampio come dimostrano proposte di legge i campo, mentre un Senato ridotto di numero ma non votato dagli elettori non avrebbe la necessaria autonomia verso il governo. Inoltre il Senato, sebbene non eletto, concorrerebbe all'elezione del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale creando così un ulteriore accentramento dei poteri nelle mani del Governo, già rafforzato dalla proposta di legge elettorale ipermaggioritaria che, paradossalmente, sta proprio al Senato ora modificare nella versione approvata dalla Camera dei Deputati.
Il Governo Renzi deve aprirsi ad un confronto libero ed aperto sulle modifiche costituzionali, tenendo conto delle opinioni espresse da diverse parti per evitare un accentramento di poteri nelle mani del governo.
L'Ars fa appello a tutte le energie politiche, intellettuali, sociali per una mobilitazione a sostegno di tutte le posizioni che puntano a mantenere, pur nel quadro delle necessarie riforme della Costituzione, autonomia ed
equilibrio tra i poteri dello Stato e in particolare la garanzia dell'autonomia e della centralità del parlamento, pur riservando alla sola Camera dei deputati il voto di fiducia verso il Governo.
19/6/2014

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